Fuga di cervelli, i sindacati: “Trentino penalizzato da lavoro di bassa qualità” – Cronaca

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TRENTO. I sindacati confederali del Trentino lanciano l’allarme sulla fuga dei giovani laureati verso altri paesi, definendola un “fenomeno strutturale e in costante crescita”. Secondo i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil – Andrea Grosselli, Michele Bezzi e Walter Largher – i dati della Fondazione Nordest, seppur non drammatici in termini assoluti, evidenziano una tendenza preoccupante che si intreccia con il calo demografico.
“Se a questo si associano i dati demografici che vedono un calo progressivo di bambini e ragazzi sul totale della popolazione, si capisce facilmente come tutte le prospettive di una reale ripresa della natalità e di un contenimento dell’invecchiamento della popolazione si fanno sempre più irrealistiche”, dichiarano i tre segretari in una nota congiunta.
La causa principale dell’esodo giovanile viene identificata nella scarsa attrattività del mercato del lavoro locale. “Il Trentino infatti paga caro il dazio ad una domanda di lavoro delle imprese di bassa qualità”, sottolineano i sindacalisti, che puntano il dito contro la Giunta provinciale per aver “messo in freezer” gli Stati generali del lavoro da quattro anni.
Particolarmente critica la situazione della precarietà: in Trentino il 37% dei giovani tra 20 e 34 anni lavora a tempo determinato, contro il 30% dell’Alto Adige e appena il 15% del Tirolo. Un dato che evidenzia le difficoltà strutturali del territorio nel garantire stabilità lavorativa alle nuove generazioni.
I sindacati propongono un approccio strutturale che vada oltre le “misure spot”. Serve intervenire sulla qualità dei posti di lavoro, migliorando sia gli aspetti retributivi sia le opportunità di crescita professionale. Fondamentale anche affrontare l’emergenza abitativa, che penalizza i giovani nella volontà di radicarsi sul territorio.
“Serve un vero e proprio piano provinciale per l’innovazione del nostro sistema economico, per l’industria e per il terziario avanzato”, concludono Grosselli, Bezzi e Largher, auspicando che il “patto con le imprese e con la Provincia” possa rappresentare un primo passo per invertire la tendenza della fuga dei cervelli e rendere il Trentino attrattivo anche per giovani qualificati provenienti da altri territori.

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Originale su L’Adige

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