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TRENTO. Da una parte la solidarietà, dall’altra le accuse. Dopo la notizia dell’imputazione coatta per il presidente Maurizio Fugatti le reazioni non mancano. La questione, e il motivo per cui Fugatti dovrà comparire davanti al giudice, è legata all’abbattimento dell’orso M90. O, meglio, alle modalità dell’uccisione: il giudice, infatti, non contesta la decisione in sé, ma come l’animale è stato ucciso. Ovvero, citando il provvedimento, «con crudeltà». L’orso, non narcotizzato, quel 6 febbraio 2024 venne raggiunto da 2 dei 3 colpi sparati dai forestali e, secondo l’autopsia effettuata dall’Istituto zooprofilattico delle Venezie, morì dissanguato.
«Sono dispiaciuto e voglio esprimere solidarietà a Fugatti, ma anche agli altri due iscritti al registro degli indagati, Raffaele De Col, direttore generale della Provincia, e Giovanni Giovannini, dirigente del Servizio foreste». A parlare è il presidente della Comunità val di Sole Lorenzo Cicolini. «Quel provvedimento venne preso dopo le nostre numerose sollecitazioni: M90 era un animale pericoloso, scorrazzava da tempo nella nostra zona e si era reso protagonista di molti episodi pericolosi. Abbiamo chiesto molte volte, a parole e con lettere, la sua rimozione. Questa decisione dei giudici non facilita il percorso di convivenza con l’uomo: una delle basi è che gli animali confidenti e pericolosi possano essere rimossi, ma se ogni volta si viene indagati è evidente che si rallenta il percorso. Non ho davvero più parole a riguardo».
Sulla stessa lunghezza d’onda il Comitato Insieme per Andrea Papi, che esprime vicinanza e sostegno a Fugatti e ai dirigenti. «La popolazione ha richiesto ripetutamente al presidente della Provincia di difendere la loro sicurezza e quella dei bambini che, nei nostri paesi sono ancora abituati a giocare in libertà nelle piazze o vicino a casa. Fugatti, nel suo ruolo istituzionale e anche umano, ha risposto con coscienza ad una fortissima richiesta di tutela della sicurezza delle persone che, a quanto pare, il sistema giudiziario invece relega su un piano di totale indifferenza. Ricordiamo che il blocco delle azioni nei confronti dell’orsa (chiaramente pericolosa) nel 2023 ha portato alla morte cruenta per sbranamento di un giovane di 26 anni. Il Comitato è disponibile fin d’ora ad affiancare la Provincia in ogni azione di difesa».
Anche dal consigliere Walter Kaswalder arriva solidarietà: «Il rinvio a giudizio è un atto di strumentalizzazione e un cedimento alle esagitate associazioni animaliste. Fugatti ha agito nell’esercizio delle sue legittime prerogative statutarie per difendere la pubblica incolumità. Il Trentino è stanco di essere una riserva naturale da salotto. Esprimo inoltre piena fiducia nella magistratura che certamente non seguirà la follia animalista».
Di tutt’altra opinione l’onorevole Michela Vittoria Brambilla, presidente della Lega italiana per la Difesa degli animali e dell’Ambiente: «La legge Brambilla sta riscrivendo la storia, cambiando radicalmente lo status di tutti gli animali. Cambia di conseguenza anche la percezione della gravità dei reati commessi contro gli animali. Nel caso non conta che l’uccisione sia avvenuta per decreto, all’apparenza con i crismi della legalità, ma che sia avvenuta con crudeltà, perché l’orso non è stato narcotizzato ed è morto lentamente, raggiunto da due proiettili che hanno provocato un’emorragia interna e una lunga agonia. Questa sofferenza non era solo evitabile, doveva essere evitata. Per di più, a quanto pare, non era neppure presente un veterinario, che secondo le regole del Pacobace avrebbe dovuto esserci».
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Originale su L’Adige