ROVERETO. Le chiazze di sangue sull’asfalto, i giovani corpi riversi a terra, l’auto o la moto accartocciata a pochi metri, gli attimi concitati dei soccorsi, lo strazio dei familiari. E il lenzuolo bianco, troppo spesso steso sopra a quei corpi. È stato un approccio emozionale, di grande impatto emotivo, quello proposto dall’associazione “Dipis – Divulgazione informazione prevenzione incidenti stradali” nel corso dell’intervento tenuto all’istituto professionale Opera Armida Barelli nella cornice del “Progetto legalità”, coordinato dalla professoressa Caterina Nichelatti.
«Questa non è la teoria, è la vita vera” – racconta Francesco Carè, 57 anni, un’esperienza quasi trentennale alle spalle come soccorritore e autista di ambulanza, e autore di diversi libri sul tema della prevenzione stradale. L’idea di fondo dell’associazione è quella di abbandonare le parole per lasciare posto alle immagini – tragicamente reali – delle scene di incidenti stradali.
«Questo – spiega Carè – è il linguaggio del dramma di giovani vite spezzate e della disperazione dei genitori. Abbiamo deciso di porci davanti ai ragazzi che incontriamo nelle scuole in modo diretto e senza filtri, mostrando foto e video dei nostri interventi sulla strada. Vogliamo raccontare non tanto l’incidente in sé ma ciò che resta dopo, se qualcosa resta. Sono sicuramente immagini scioccanti, e proprio per questo arrivano ai cuori, scuotono e fanno riflettere».
Dopo le immagini shock intervengono sempre anche loro, i genitori delle giovani vittime. Ed è stata proprio Raffaella Pinter – madre di Valentina Benedetti Vallenari, la giovane che a soli 25 anni perse la vita in auto contro un albero a Fumane, tra Valpolicella e Lessinia, la notte del 31 dicembre 2022 – a proporre l’intervento dell’associazione Dipis all’istituto Barelli, la scuola che la figlia aveva frequentato.
«Valentina quella notte non guidava – ha spiegato la signora Pinter -, era la passeggera seduta sul sedile anteriore e io ora sono qui per testimoniare l’importanza di prestare sempre la massima attenzione quando si è per strada. Non solo alla guida di auto, moto o biciclette, ma anche quando si viaggia come passeggeri».
«E anche quando si è pedoni – ha aggiunto Carè – vista la brutta abitudine diffusa tra i ragazzi di indossare le cuffiette e ascoltare la musica ad alto volume mentre si attraversa la strada».
Gli studenti hanno reagito con grande empatia sia verso i relatori sia verso i familiari delle vittime. «Non è raro assistere a slanci di affetto e gratitudine nei nostri confronti. I ragazzi acquisiscono una consapevolezza diversa e superiore, e alla fine degli incontri solitamente si fermano con noi e ci ringraziano. Mostrano sempre molta comprensione e vicinanza verso i familiari delle vittime e questo è meraviglioso».
Proposto a tutte le classi prime e seconde dell’istituto guidato dalla dirigente Camilla Cestari, l’intervento ha coinvolto oltre 200 studenti tra i 14 e 16 anni.
«Molti di loro – prosegue Carè – hanno già il motorino e quindi sono sulla strada. In base all’età ovviamente moduliamo le immagini e il linguaggio, e per questo aspetto ci siamo preventivamente confrontati con uno psicologo.
Solo un’esposizione a forti stimoli emotivi può favorire il cambiamento comportamentale, che è quello che ci interessa per fermare questo massacro. Non è possibile mettere al mondo figli, crescerli e poi vederli morire così sulla strada». I numeri sono a tutt’oggi impressionanti: si parla di oltre 3mila vittime di incidenti stradali nel 2023, il 30 per cento delle quali tra i 12 e i 20 anni.
Con i colleghi Flavio Gasparetto, soccorritore con trent’anni di esperienza, e Alessio Bortolameazzi, del Centro formazione guida professionale di Verona, Carè interviene da anni nelle scuole italiane perché – dice – «la nostra è un’alternativa all’educazione stradale. Ho smesso il servizio nel 2016 e da allora mi dedico ai giovani portando il mio vissuto a bordo delle ambulanze come racconto di vita reale. Siamo convinti che insieme si possa e si debba fare qualcosa e i riscontri che abbiamo nelle scuole ci dimostrano che questa è la via giusta».